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Amore impossibile


di Pprossa
21.02.2025    |    7.945    |    7 8.9
"Vedere Luisa tutta vulnerabile in quel letto, senza la minima idea che io fossi lì dentro o di quello che avrei potuto farle..."
Ultimamente c’è solo una cosa che me lo fa diventare duro. È la stessa storia che accadeva al liceo. La stessa cosa che ho detto a me stesso più e più volte che non avrei permesso che accadesse.

Quando mi sveglio, la sento muoversi nella sua stanza, pettinarsi, vestirsi. Quando faccio colazione, lei è lì. All’università, la vedo camminare per il cortile, girare per i corridoi. Quando torno a casa, lei è lì. Quando ceno, lei è lì.
Di notte, l’unico momento in cui mi permetto di guardare, desiderare e avere, lei mi riempie il naso con il suo profumo, gli occhi con la sua pelle delicata, la mente con i pensieri di tutto ciò che vorrei farle. Non riesco a pensare ad altro. Mi sembra di soffocare con lei, di implorare una sola boccata d’aria fresca, ma di non riuscire mai a trovarla. Luisa è tutto.

Le ragazze? Le ragazze sono sempre state facili. Sempre di una facilità così banale. Tranne la mia Luisa. È l’unica persona che impedisce alla mia vita di essere esattamente come la voglio. Non dovrei avere bisogno di lei. Ho tutto quello che mi serve. Lei non è niente. Allora perché non riesco a smettere di pensare al suo odore? A come i suoi cazzo di capelli lucenti ondeggiano quando cammina? Alla curva dei suoi fianchi quando si gira nel letto? A come i miei polpastrelli scavano nella sua pelle? Alle sue tette sode e da fottere?

Una volta che mi fermo davanti alla sua porta, il pensiero mi fa arricciare il pugno intorno alla chiave, e un attimo dopo sto passando attraverso la porta. Le luci sono spente. Ha sempre avuto un sonno piuttosto profondo, ma si sveglia se ha troppo caldo. Mi insinuo dentro, chiudendo la porta silenziosamente dietro di me.
La stanza è buia, ma riesco a scorgere il suo corpo nel letto. Ogni volta che vengo qui, divento un po’ più audace, sono passato dal sedermi sul divano ad avvicinarmi al letto. Questa sera, mi metto in piedi sopra di lei, inspirando il suo profumo, e osservo il suo corpo addormentato.
La mia vista ci mette qualche secondo ad abituarsi, ma quando ci riesco, ogni singolo nervo del mio corpo prende fuoco per una presa di coscienza scioccante. Indossa la mia maglia.
In silenzio, faccio un respiro e afferro la coperta che copre la parte inferiore del suo corpo. La tiro giù, lentamente, rivelando la morbida carne delle sue cosce e dei suoi polpacci lisci. Non porta pantaloncini sotto la mia maglietta, e le mie dita fremono dalla voglia di sollevarla per vedere cosa c’è sotto. Qualcosa di pizzo? Niente? Il mio cazzo si contrae, diventando sempre più duro. Se solo potessi sdraiarmi accanto a lei.

Ho sempre avuto questa fantasia, da quando mi sono intrufolato nella sua stanza per la prima volta tanti anni fa, avevo diciassette anni. Vedere Luisa tutta vulnerabile in quel letto, senza la minima idea che io fossi lì dentro o di quello che avrei potuto farle... La mia erezione ha raggiunto un livello completamente nuovo. La mia mente ha cominciato a vagare, a pensare alle cose che avrei potuto fare.

Volevo strisciare sul letto ed esplorare il suo corpo, far scorrere il mio cazzo tra le sue cosce. Non mi importava che stesse dormendo. Era meglio così. Non volevo che sapesse cosa mi faceva provare.
Notte dopo notte, andavo nella sua stanza e fantasticavo su questo, su tutti i modi in cui sarebbe potuta andare. Nella maggior parte delle fantasie, lei nemmeno si svegliava. La scopavo mentre era priva di sensi e me ne andavo. Ma a volte c’erano altre fantasie. Quelle in cui si svegliava, gridava per la paura e mi supplicava di fermarmi. Oppure quella in cui il suo corpo si poneva all’istante sotto di me e lei gemeva soddisfatta, talmente eccitata dal mio cazzo che non le importava di nient’altro. In ogni caso, mi intrufolavo nella sua stanza e mi masturbavo con qualsiasi di quelle fantasie sessuali, ogni singola notte.

Ho appena fatto scorrere la mano lungo la mia erezione, avvertendo il fremito familiare, quando lei si gira verso di me. Mi blocco. Sono così vicino al letto, più vicino di quanto non sia mai stato, che potrei allungare la mano e toccarla.
I suoi occhi sono ancora chiusi, ma le sue labbra si aprono ed emettono un sospiro dolce e delicato. Mi viene in mente un flash di lei che lecca la punta del mio cazzo, e sono costretto a soffocare un gemito.
I miei occhi passano dalle sue labbra alle curve dei seni, fino a dove so che, sotto la mia maglia, si nasconde un ventre piatto e liscio.

Se questo non bastasse a farmi diventare il cazzo completamente eretto, Luisa sposta i fianchi sul materasso e si infila una mano tra le gambe. Mi si mozza il respiro.
In tutte le notti, non si è mai toccata. Per quanto ne so, non ha mai fatto un sogno erotico o qualcosa di simile. Forse qualche incubo, dopo il quale si alza di scatto e si guarda intorno come se stesse cercando un mostro, ma stavolta è diverso. Non c’è urgenza, non c’è paura, solo la sua placida irrequietezza contro le lenzuola. Così come l’ho sempre immaginata io.

Per nessun motivo al mondo me ne andrei ora. Faccio un passo indietro finché i miei polpacci non toccano il divano e mi siedo, tirando fuori il cazzo dai pantaloni. Posso vederla, sentirla, mentre si muove lentamente contro la sua mano. È un movimento assonnato, quasi rude. Un gesto primordiale, incosciente, non pensato per essere condiviso. A furia di contorcersi, le si solleva la maglia, rivelando finalmente ciò che c’è sotto. Un paio di mutandine rosa di pizzo.

Strofino la mia erezione, sfiorando la punta e scivolando di nuovo verso il basso, prima di fare pressione sulle mie palle. È molto più eccitante guardarla in questo stato. Non devo lavorare chissà quanto. Seguo il ritmo dei suoi respiri concitati, il fruscio che produce sfregando le lenzuola. Non so se sia solo la vista di lei che si sta dando piacere o il suo profumo nell’aria, fatto sta che non mi ci vuole molto per arrivare al limite, con il cazzo che mi diventa così duro da pulsare dolorosamente per il ritmo controllato che mantengo.
Mi si apre la bocca e fisso il suo viso, incantato. Ho sognato più di una volta di darle da bere il mio sperma. A volte, all’epoca, ne spalmavo un po’ sulle sue labbra e pregustavo il momento in cui l’avrebbe leccato. La guardavo a tavola durante la colazione, sapendo che l’aveva assunto, anche senza saperlo, e passavo l’intera giornata mezzo eccitato e impaziente di andare a letto.

Il bruciore dentro di me è così godurioso, lo sento così giusto, e il piccolo gemito vago che proviene dal letto non fa che renderlo più acuto. Un tuono roboante fa vibrare i vetri. Bagliori sinistri luccicano dietro la tenda e l’inverno arriva con una fitta grandinata.

Riapro gli occhi e la guardo. I suoi occhioni assonnati mi stanno fissando di rimando. Cazzo, cazzo, cazzo.

Mi blocco, con il cuore che batte all’impazzata, le palle indolenzite, l’orgasmo che solletica i margini della mia consapevolezza. Mi aspetto il delirio, il terrore, le urla. Che cosa faccio? Scappo? Mi nascondo?
Nel profondo del mio cuore, so che non farò nessuna delle due cose. Le chiuderò la bocca e finalmente realizzerò quella fantasia che mi scorre nelle vene da quattro anni. Le farò pagare il fatto di avermi beccato qui. La farò implorare di fermarmi. No. La farò implorare di non fermarmi.

Rimaniamo entrambi in silenzio per un lungo momento, mentre valuto la mia prossima mossa, solo per poi rendermi conto che lei non sta nemmeno reagendo. Mi guarda, con la bocca appena aperta, la mano premuta tra le cosce, e non dice niente.

Ho ancora il cazzo duro come una roccia, che sporge dritto in avanti. Se è davvero sveglia, è impossibile che, anche al buio, non lo veda. Faccio scorrere la mano lungo il mio pene, alimentando la voglia che non si è minimamente spenta.
La sua mano continua a muoversi tra le sue gambe, premendo e spingendo, e realizzo cosa sta realmente accadendo. Sa che sono nella sua stanza, e qualsiasi sogno abbia fatto l’ha resa eccitata da morire. Ce ne stiamo seduti, con le gambe aperte, e soddisfiamo in silenzio i nostri bisogni. Le sue dita si infilano sotto gli slip e le mie spingono e tirano il mio cazzo. Presto la stanza si riempie dei suoni dei nostri respiri irregolari e delle nostre mani che lavorano. La sensazione di attorcigliamento e la stretta del mio orgasmo non durano a lungo, non in queste circostanze, non con lei così vicina che cavalca la propria mano.

Guardarla venire è il dolore più dolce che esista. Le sue spalle fremono, la sua bocca si apre in un piccolo grido delicato. Il sangue mi rimbomba nelle orecchie e per un attimo mi perdo nell’ondata di euforia. Lo sperma appiccicoso mi cola sul pugno mentre il suo respiro e i suoi movimenti rallentano. È la prima volta che siamo alla pari, che condividiamo un momento invece di rubarlo. Lei mi osserva mentre mi sfilo la maglietta e mi pulisco il cazzo, e io la scruto a mia volta. Distolgo lo sguardo solo per un secondo, solo per sistemarmi i pantaloni, ma quando lo riporto su di lei, i suoi occhi si sono chiusi, il respiro è rallentato e regolare, come se non si fosse mai svegliata. Come se tutto questo non fosse mai accaduto.

Per un attimo mi domando se mi sono addormentato e mi sono inventato tutto. Era solo un sogno erotico? No. Non ci credo. Anche al buio, riconosco le sue guance accaldate e le sue labbra rosse per averle morse.
Mi alzo e rimango davanti al suo letto per un lungo momento, a osservarla, a chiedermi se sono pazzo per essere venuto qui ogni notte, per aver scelto di starle così vicino senza mai concedermi di averla.

Un sospiro. Un sussurro. "Perché sei rimasto lì?"

"Ma..." Sbotto.
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